8 Marzo, Cpo: “Ancora troppi pregiudizi e diseguaglianze per le donne giornaliste”
di Marilisa Della Monica
presidente Commissione pari opportunità Assostampa Sicilia
Qual è il ruolo delle giornaliste nell’Anno del Signore 2025? Me lo sono chiesta con l’approssimarsi della festa della donna e me lo chiedo sempre più spesso conversando con colleghe o semplicemente leggendo quello che accade nel mondo dell’informazione italiana. Attualmente sono solo due le donne alla direzione di un quotidiano: Agnese Pini (La Nazione) e Nunzia Vallini (Il Giornale di Brescia). E sempre due sono le donne alla guida di periodici a tiratura nazionale: Elena Viola (Donna Moderna), e Silvia Grilli (Grazia). A queste si aggiunge Alessandra Galloni, direttore di Reuters News, prima donna a capo dell'agenzia di stampa internazionale in 170 anni di storia. Dati che devono far riflettere tenuto conto di quanti sono i giornalisti operanti oggi in Italia.
Secondo i dati dell’Osservatorio sul giornalismo, redatto da Agcom, “l’insieme dei giornalisti attivi in Italia è composto da 15.053 donne (pari al 42% del totale) e da 20.653 uomini (58%), distribuzione costante rispetto alle rilevazioni precedenti e in linea con le percentuali di occupati della popolazione italiana”.
Sempre leggendo i dati dell’Osservatorio emerge che “solo il 3,9% delle donne dipendenti è riconducibile a una posizione di vertice (nei ruoli di direttore, vice–direttore o condirettore), a fronte del 14,2% degli uomini. Le donne con un contratto dipendente Fnsi – Fieg sono prevalentemente inquadrate nei ruoli di redattore (39,8%), mentre i colleghi uomini si collocano più frequentemente nella categoria che va da caporedattore a redattore esperto (35,7%)”. Ed ancora “Le tematiche affrontate dal giornalista appaiono avere una significativa connessione con il genere. Alcuni argomenti (quelli che comunemente rientrano nelle c.d. hard news) sono, infatti, ad appannaggio degli uomini: il 64% degli uomini si occupa di politica, contro il 55% delle donne; il 30% degli uomini si occupa di economia e finanza, contro il 20% delle donne; il 46% degli uomini si occupa di sport & motori, contro il 20% delle donne. Viceversa, arte e cultura, le tematiche sociali e la scuola, scienza, tecnologia e salute sono invece tematiche di cui si occupano prevalentemente le donne”.
Dati che ci mettono nero su bianco la differenza di trattamento che ancora oggi esiste nel mondo del giornalismo e delle redazioni. Le donne, anche se con titolo di studio superiore al collega di sesso maschile (sempre secondo i dati dell’Osservatorio di Agcom), sono relegate a ruoli non di comando ed anche il reddito è inferiore a quello del collega uomo. Le cause della disparità di genere nel giornalismo apicale sono complesse e molteplici, riconducibili sicuramente a fattori strutturali e culturali. Tra i fattori strutturali, certamente le difficoltà di conciliare il lavoro giornalistico con la vita familiare, a causa di orari e turni impegnativi e la contemporanea mancanza di adeguati strumenti statali a supporto. La donna se decide anche di essere madre ha dinanzi a sé una montagna da scalare e buona parte della società le farà pesare il suo essere donna-lavoratrice. Ed infatti molto spesso la giornalista si trova davanti ad un bivio: la famiglia o il lavoro.
Tra i fattori culturali, emergono stereotipi e pregiudizi che relegano le donne a ruoli marginali, escludendole dai network di potere, nonché discriminazioni e molestie sul luogo di lavoro, anche online. Perché l’immagine che una buona fetta della società italiana ha delle donne che svolgono il mestiere del giornalista è quello di essere megafono di un uomo, che non abbia le capacità per analizzare criticamente i fatti che si trova a raccontare e che sia sempre continuamente sottoposta a un vortice ormonale che non le permetta di ragionare con lucidità. Quante volte ci siamo sentite dire da colleghe o colleghi se avessimo il ciclo? O se avessimo litigato con il partner? Ecco questi sono i più semplici e banali pregiudizi a cui veniamo sottoposte. Ma non solo. La donna giornalista deve essere sempre inappuntabile, impeccabile, perfetta. Capello sempre a posto, trucco da diva del cinema e abbigliamento da fist lady. Ebbene se avessimo lo stipendio del collega giornalista, non avessimo una famiglia, una casa, un marito e dei figli da accudire, potremmo anche essere così, sempre. Ma le priorità, nella vita di una donna sono ben altre e non per scelta propria, il più delle volte.
Fateci caso, la giornalista solitamente nell’immaginario collettivo ha la parvenza di una modella. Ma la stessa identica cosa non viene richiesta al collega di sesso maschile, che può avere la pancetta, i capelli unti e l’abbigliamento da minatore. Ma ad un uomo si perdona tutto, ad una donna quasi mai.
Chi scrive non è femminista, non ha fatto il '68 e non crede nelle quote rosa, in politica come in qualsiasi altro ambito. Sono cresciuta con una mamma lavoratrice che mi ha insegnato il valore dell’indipendenza e del rispetto di me stessa. Lavoro in un ambiente maschilista e maschile, i settimanali diocesani, in cui le donne direttrici si contano sulle dita di una mano ed in cui devi sudare il doppio per avere riconosciuto il tuo lavoro e la tua competenza. Non sarò mai il direttore del giornale in cui lavoro, ne sono certa. Ho rinunciato a costruirmi una famiglia in gioventù, non avrei ottenuto né contratto né riconoscimenti professionali. In questi anni di vita professionale non mi sono mai fatta abbattere dalle maldicenze o delle cattiverie, è stato il mio lavoro a parlare. È stata dura e continua ad esserlo. Mi auguro che le giovani colleghe che si affacciano a questo bellissimo mondo, il giornalismo, sempre meno numerose e sempre più demoralizzate, abbiano il coraggio di andare avanti ogni giorno contro tutto e contro tutti i pregiudizi che l’essere donna porta con sé e di cui il nostro ambiente non è esente. Buona festa delle donne perché siamo il colore in un mondo in bianco e nero e soprattutto perché senza di noi tutto si ferma.