Premio Mario Petrina - Questo l’articolo presentato dalla vincitrice Sabrina Redi: ''Corri Totò, fallo ancora nonostante tutto''
L’atletica gli ha salvato la vita e nonostante tutto ne fa ancora parte. Corre comunque Salvatore Antibo, ma solo quattro volte a settimana per 40-50 minuti, dopo aver smesso a causa di una malattia che lo perseguita da quando era giovane. Una vita dedicata alla corsa, ogni metro dopo l’altro da Altofonte, cittadina in cui è nato il 7 febbraio 1962, fino ai grandi palcoscenici dell’atletica mondiale ed europea. Totò ne ha fatta di strada fino a vincere la medaglia d'argento nei 10000 alle Olimpiadi di Seul nel 1988, secondo dietro a Brahim Boutayeb, e a conquistare una fantastica doppietta agli Europei di Spalato nel 1990 nei 5000 e nei 10000. L’atletica gli ha fatto percorrere numerose strade del mondo, fino a coronare un sogno nato a 17 anni, dopo l’incontro con Gaspare Polizzi, un padre, oltre che un allenatore. Il fondo è diventato tutto per Antibo, dedito alla corsa, motivato a vincere, serio e con uno stile indisciplinato e grezzo che l’ha visto salire sul tetto dell’Europa e del mondo. Impossibile non emozionarsi al pensiero del suo sorriso e delle sue braccia alzate al termine di una spettacolare gara, vinta in rimonta agli Europei. Tra tutti i successi, quello in Croazia allo stadio Poljud nei 5000 resterà indimenticabile: quando tutto sembrava perso, caduto alla partenza e rimasto staccato dal gruppo, Totò è riuscito a rimontare. E dopo un testa a testa con l’inglese Gary Staines, verso gli ultimi 100 metri si è fatto spazio per raggiungere per primo il traguardo. Da quel successo le cose hanno preso una direzione diversa. Tutto è cambiato con quella maledetta gara ai Mondiali di Tokyo nel 1991. Dopo un anno difficile, rimasto fermo in inverno per un infortunio muscolare e con l’incertezza di scendere in pista a causa di una fastidiosa tracheite. La scelta di Totò alla fine è stata quella di rispondere presente e di non voltare le spalle all’amore per l’atletica. Quello, però, è diventato il palcoscenico di un lento e doloroso addio in cui il mostro dell’epilessia si è manifestato al mondo intero, costringendolo a chiudere la gara ultimo e zoppicante. Proprio in gara, mentre era in testa con passaggi da record del mondo è stato colpito da un attacco epilettico che poco a poco gli ha fatto perdere le posizioni. Una fine che nessuno avrebbe voluto vivere per dire addio alla propria passione. Le cause di quel male, all’epoca tenuto nascosto, non si conoscono con esattezza. Probabilmente tutto nasce da un incidente stradale che il piccolo Salvatore subì a quattro anni, quando fu investito da un’auto, e che gli provocò un trauma cranico molto grave. La sua esistenza è andata avanti, ha imparato a convivere con quel male, ma dopo un secondo incidente, le cose sono peggiorate. Dal 1991 Totò ha provato a non smettere di gareggiare, ma alla fine si è dovuto arrendere, sempre inseguito dalla paura di un attacco che sarebbe potuto arrivare da un momento all’altro. E continua a combattere questa malattia con diversi farmaci. Per questo dal 2004 riceve il vitalizio per gli sportivi, previsto dalla Legge Onesti. Totò, però, corre lo stesso. Questo è il bello di Salvatore Antibo, testimonial per la Lice (Lega italiana contro l'Epilessia), fautore dello sport come divertimento e medicina per i bambini, nonostante l’epilessia. Corre comunque, dopo tutti i traguardi tagliati per primo e le medaglie messe al collo. Lo fa sempre accompagnato da qualche amico, pronto ad aiutarlo in caso di un improvviso attacco epilettico. E di quei giorni di gloria non resta solo il ricordo, ma soprattutto i due record italiani, rimasti imbattuti, nei 10000 con 27’16’’50 e nei 5000 con 13’05’’59. L’atletica è parte integrante della vita di Totò, che ha regalato ai siciliani un esempio di cui essere orgogliosi e da raccontare a chi non l’ha potuto vedere in pista.
Sabrina Redi