TRACCE D'ESTATE - 14mila giorni, ora il mio ombrellone

11.09.2024 16:09

di Ivan Cicala

Pensionato. C’è voluto un po’ di tempo per realizzare questa nuova condizione. Seduto davanti al mare della prima estate senza ferie agli sgoccioli, mi assalgono i ricordi mentre il sole tramonta. I ricordi, come i consigli, sono una forma di nostalgia. Dispensarli è un modo di ripescare il passato dal dimenticatoio, ripulirlo, passare la vernice sulle parti più brutte e riciclarlo per più di quel che valga. Io mi ricordo tutto, anche se sono trascorsi gli anni, quaranta o poco più, circa 500 mesi, oltre 14 mila giorni. Tanti, tantissimi, forse troppi. Eppure... Sin da piccolo facevo le interviste a casa con il registratore a nastro Geloso e il microfono sotto il naso di parenti e amici. Ogni mattina, specie in estate, uscivo in bici per comprare il giornale. In inverno l’edicola l’avevo sotto il palazzo.

Giornale di Sicilia, via Lincoln 21, Palermo. Rimasi folgorato già durante la prima visita con la scuola a metà degli anni ‘70. Un tipografo ci guidò alla rotativa, un miracolo che si ripeteva ogni notte, la carta posizionata sul rullo che dopo una deviazione “a elle” usciva piegata perfettamente pronta per i lettori. L’uomo con le maniche nere dinanzi la lynotape forgiò una barretta di piombo con il mio nome. Una reliquia che conservo gelosamente. Passarono gli anni e nel dicembre del 1982 feci il mio ingresso nella sede del quotidiano. Di certo non trionfale, ero un ragazzo pieno di sogni e nessuna certezza. Un breve periodo di prova e il 31 gennaio 1983 la mia firma era nero su bianco alla fine del pezzo (venti righe più tabellino). Da allora non mi sono più fermato. Collaboratore (il tesserino verde, altra reliquia), la scuola di giornalismo in piazza Marina, il servizio militare a Napoli continuando a mandare pezzi di tanto in tanto, il ritorno alla base occupandomi di calcio, nuoto e pallanuoto, pallamano, lotta libera e greco-romana, arti marziali, classifiche. Nel 1989 il primo contratto da professionista, il passaggio da praticante, gli esami all’Hotel Ergife e l’assunzione a tempo indeterminato (tessera bordeaux). Cronache provinciali e sport, mezza dozzina di ritiri da inviato appresso il Palermo, talvolta al notiziario e negli ultimi tempi la cronaca di Palermo, in “cucina” a fare pagine su pagine.

Diceva un grande del mestiere che lui era come un direttore di orchestra, ogni santo giorno bisognava “accordare la musica”. Non sono arrivato a tanto (solo qualche volta), ma sono stato uno degli orchestrali – non violino o pianoforte, magari ai piatti o ai tamburi – e posso dirlo, facendo al meglio il mio dovere. Ricordi, volti, voci, silenzi e rumori, il tintinnio della Lettera 22 e l’incessante squillo dei telefoni, parole e uomini, titoli e refusi. Vita da giornalista. Dovrei citare forse migliaia di nomi e centinaia di maestri, ma manca lo spazio e tutti hanno avuto un impatto, per cui dico solo grazie. Il sole tramonta all’orizzonte, il velo di malinconia cala sui miei pensieri da pensionato. Mi allontano con sdraio e ombrellone, domani il sole sorgerà di nuovo e squarcerà la nostalgia del passato. Sono e resto giornalista. Ma la libertà non ha prezzo.